SENO – Mastoplastica additiva, mastoplastica riduttiva, mastopessi, chirurgia del capezzolo
Il seno è il simbolo della femminilità, ed è naturale per una donna giudicare la dimensione e la forma del proprio seno in corrispondenza con il proprio ideale di femminilità e di sensualità, con il modo in cui vive la propria immagine femminile e la manifesta all’esterno. Il desiderio della paziente di modificare la misura del proprio seno per riconoscersi di più in quell’ideale è insindacabile. Nella visita che porterà a definire la modalità e la misura dell’intervento ideale, che potrà essere di chirurgia di aumento (mastoplastica additiva) come pure di chirurgia di riduzione (mastoplastica riduttiva), esprimeremo le valutazioni mediche legate alla salute e alla evoluzione nel tempo tenendo sempre a mente i parametri di equilibrio delle proporzioni e defineremo l’intervento che darà la massima valorizzazione alla bellezza del seno in armonia con il corpo della paziente.
Mastoplastica additiva
L’intervento di mastoplastica additiva viene realizzato impiantando due protesi mammarie di dimensioni e forma variabile, collocati al di sopra o al di sotto del muscolo pettorale, a seconda del tipo di risultato da conseguire.Gli impianti mammari sono costituiti da silicone in gel coesivo, rivestito da vari involucri sempre in silicone; in alcuni tipi di impianto il rivestimento esterno è costituito da poliuretano.
L’impianto mammario è un corpo estraneo e come tale si comporta, ed è fondamentale la qualità del materiale: gli impianti sono approvati sia dal ministero della salute dei paesi dell’Unione Europea che dalla FDA degli Stati Uniti d’America.
La scelta del tipo di impianto più adeguato dipende dalla tipologia del seno di partenza e dal tipo di tecnica chirurgica che vogliamo utilizzare considerando il risultato che si vuole conseguire.
Le incisioni, lunghe pochi centimetri, sono situate nel solco sub-mammario, nel cavo ascellare oppure nella zona di transizione tra la cute più scura dell’areola e quella più chiara della mammella.
In alcuni casi la mammella non è soltanto più piccola ma è anche malformata , per esempio la mammella con ghiandola mammaria di tipo tuberoso, oppure ptosica (cadente). In questi casi all’impianto delle protesi può essere associata anche una chirurgia correttiva della forma della mammella stessa.
Mastoplastica riduttiva
L’intervento chirurgico di mastoplastica riduttiva consente di ridurre e sollevare un seno di dimensioni eccessive con l’obiettivo di ottenere una forma compatta, proporzionata, armonica, naturale e stabile nel tempo. Questo risultato si ottiene non solo riducendo le dimensioni della ghiandola e rimuovendo la cute in eccesso, ma riarmando il tessuto ghiandolare stesso, consolidandolo ancorandolo al sottostante muscolo grande pettorale.
Il più delle volte il volume eccessivo delle mammelle si accompagna a ptosi, ad un aumento della distanza del capezzolo dalla clavicola, e al capezzolo che guarda verso il basso. L’intervento chirurgico consiste nella rimozione del volume ghiandolare in eccesso e nel corretto riposizionamento del complesso areola capezzolo.
Quando alla ipertrofia mammaria si associano mal di schiena, dolore alle spalle, al collo e sofferenza a carico della colonna vertebrale, migliorare l’aspetto delle mammelle porta un sostanziale beneficio di miglioramento o addirittura risoluzione della sintomatologia dolorosa.
Il tessuto mammario asportato sarà inviato a studio anatomopatologico, in modo tale che sia esclusa la presenza di eventuali lesioni in stato iniziale e non diagnosticate.
Disegni e misurazioni sono parti integranti ed essenziali in preparazione all’intervento. Si eseguono prima dell’anestesia a paziente in posizione eretta. La marcazione rappresenta una guida per le incisioni durante l’intervento chirurgico, quando la paziente è in posizione supina. Le cicatrici – una circolare intorno all’areola, nel solco sub-mammario ed una verticale che le unisce – miglioreranno progressivamente con il passare del tempo.
Mastopessi
Il seno è il simbolo della femminilità, ed è importante non solo la dimensione, ma anche la sua forma e aspetto; per questo, quando è cadente e svuotato, pur essendo del volume desiderato, si può rendere necessaria la sua correzione. Quando la distanza fra il capezzolo e la clavicola supera in maniera variabile i 20 cm. (a seconda della statura) si parla di ptosi mammaria. Il “test della matita” è semplice e denuncia la possibilità di una ptosi della mammella: una matita viene collocata sotto il solco mammario: se non cade per terra è trattenuta dal peso del seno rilassato.
L’obiettivo nell’intervento chirurgico di mastopessi è quello di ottenere una forma armonica, naturale e stabile nel tempo, risollevando un seno cadente.
L’intervento permette di risollevare il complesso areola-capezzolo nella posizione corretta, ripristinare una forma conica della ghiandola che appare appiattita e rilassata, eliminare l’eccesso cutaneo nel rilassamento della pelle.
Le cicatrici residue sono variabili a seconda della tecnica utilizzata: peri-areolari, verticali e sottomammarie: a T rovesciata, a L oppure ad O, personalizzate a seconda della tecnica chirurgica più conveniente da utilizzare in ogni singolo caso.
Capezzolo introflesso
Come il seno anche il capezzolo, che ne è l’elemento centrale, ha un ruolo rilevante nell’armonia del seno stesso, una forte valenza erotica ed estetica e un’importante valenza funzionale.
Quando il tratto terminale dei dotti galattofori è breve, al punto tale da impedire al capezzolo di protrudere dalla mammella, si crea una disarmonica ombelicatura, detta appunto capezzolo introflesso, che, oltre ad essere inestetica, ostacola l’allattamento.
Nei casi di minor gravità è conveniente tentare di allungare i dotti galattofori tramite specifiche “campane”, nelle quali viene creata una pressione negativa, che risucchia il capezzolo verso l’esterno mitigando l’inconveniente dell’introflessione.
Nei casi in cui questa pratica non dia risultati si può procedere chirurgicamente con l’intervento conservativo di estroflessione del capezzolo, tramite un ridotto ponte dermico attraverso i dotti galattofori divaricati, senza sezionarli, mantenendo così inalterata la funzionalità per allattamento. In pratica attraverso piccole incisioni, pochi millimetri, ai punti cardinali del capezzolo si crea un sostegno che lo mantiene proiettato all’esterno.
In rari casi sarà necessaria la sezione dei dotti galattofori, procedura che impedirà la normale funzione di allattamento e che quindi sarà attuata esclusivamente nei casi in cui la paziente non intenda più avere gravidanze.L’estroflessione del capezzolo viene eseguita in regime ambulatoriale, in anestesia locale con eventuale sedazione. Il disagio post-operatorio è minimo ed il ritorno alle normali attività può avvenire dal giorno successivo all’intervento; solo per eventuali attività sportive sarà necessario attendere alcuni giorni.
L’esito estetico dell’intervento è ottimo, le cicatrici già dopo poche settimane saranno difficilmente rilevabili, ben celate dalla rugosità dell’areola e dello stesso capezzolo.